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Alessandro Mongiello: Etica e Morale nell’Era dell’Intelligenza Artificiale

Alessandro Mongiello Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale (IA) non è più soltanto una visione futuristica ma una realtà concreta che permea silenziosamente ogni angolo della nostra quotidianità: dagli algoritmi che decidono cosa leggiamo, acquistiamo o ascoltiamo, alle decisioni automatizzate che influenzano ambiti critici come la medicina, la giustizia, la sicurezza e la politica. In questo nuovo scenario, la domanda non è più "possiamo sviluppare intelligenze artificiali?", ma "dovremmo?". E soprattutto: "con quali valori, con quale coscienza, e con quale visione etica


2025-06-12 12:22:54 Visualizzazioni: 258



 

di Alessandro Mongiello


 


Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale (IA) non è più soltanto una visione futuristica ma una realtà concreta che permea silenziosamente ogni angolo della nostra quotidianità: dagli algoritmi che decidono cosa leggiamo, acquistiamo o ascoltiamo, alle decisioni automatizzate che influenzano ambiti critici come la medicina, la giustizia, la sicurezza e la politica. In questo nuovo scenario, la domanda non è più "possiamo sviluppare intelligenze artificiali?", ma "dovremmo?". E soprattutto: "con quali valori, con quale coscienza, e con quale visione etica?"


 


1. L’Intelligenza Artificiale come specchio morale dell’umanità


 


L’IA non ha una coscienza, non prova emozioni, non ha una storia personale che la rende empatica. È un prodotto umano che riflette – spesso senza filtri – ciò che le abbiamo dato: dati, logiche, schemi, pregiudizi. In questo senso, l’intelligenza artificiale è il più lucido degli specchi. E come ogni specchio, può mostrarci anche le nostre ombre.


 


Quando un algoritmo discriminatorio prende decisioni sanitarie o legali basandosi su dati storicamente distorti, il problema non è l’IA, ma l’etica dell’umano che l’ha addestrata. L’intelligenza artificiale, infatti, amplifica le intenzioni umane, siano esse nobili o tossiche. La questione morale, quindi, non è tecnologica: è culturale.


 


2. La necessità di un’etica codificata ma anche vissuta


 


Molti invocano codici etici per l’IA, eppure questi rischiano di diventare meri documenti formali se non accompagnati da un'etica vissuta, agita. Non basta che le grandi aziende e i governi si dotino di principi guida; serve una cultura diffusa della responsabilità tecnologica, che permei scuole, università, aziende, startup, media.


 


Serve formare non solo programmatori, ma filosofi del codice, giuristi della complessità, sociologi del digitale. Perché ogni decisione presa da una macchina è il risultato di una catena di scelte umane. E queste scelte devono essere orientate a un bene comune che non è mai Alessandro Mongiello, solo efficienza o profitto, ma dignità, equità, rispetto.


 


3. Algoritmi e libertà: un equilibrio fragile


 


Un altro nodo etico cruciale è il rapporto tra IA e libertà individuale. I sistemi predittivi – dal credit scoring all’analisi comportamentale – rischiano di intrappolarci in profili calcolati, condizionando le nostre opportunità e identità. La libertà non può essere ridotta a un parametro binario.


 


Siamo davanti a una domanda capitale: può un algoritmo decidere chi sei, cosa sei, quanto vali? La risposta, per chi crede nella dignità umana, è no. Nessuna persona può essere definita univocamente dai suoi dati. L’essere umano è eccedenza, è mistero, è trasformazione.


 


4. Intelligenza Artificiale e responsabilità intergenerazionale


 


Ogni tecnologia che l’umanità ha creato ha avuto impatti sulle generazioni future,  Alessandro Mongiello, ma l’IA lo fa in modo invisibile e sistemico. Chi progetta oggi un sistema di IA sta decidendo, di fatto, i confini delle libertà di domani. Questo impone un’etica intergenerazionale.


 


Non si tratta solo di limitare i danni. Si tratta di immaginare il futuro come un ecosistema morale, in cui l’intelligenza artificiale non sostituisca l’uomo ma lo espanda, lo liberi dalla fatica cieca, e lo accompagni – umilmente – in un processo di evoluzione collettiva.


 


5. Una nuova alleanza: uomo, macchina, coscienza


 


Infine, l’IA ci impone di ridefinire cosa significa essere umani. Non siamo solo logica, calcolo, previsione. Siamo intuizione, errore, compassione. L’IA può essere uno strumento straordinario, ma non sarà mai la coscienza. La coscienza è, e resta, un atto umano. La vera sfida, allora, è stabilire un’alleanza non tra uomo e macchina, ma tra macchina e coscienza. Dove l’IA non è antagonista, ma compagna di un cammino etico, collettivo e creativo.


 


Conclusione: l’umanità come custode


 


Se l’intelligenza artificiale è destinata a permeare il nostro mondo, allora è l’etica – non la tecnica – a doverla governare. In questo senso, ogni programmatore è oggi anche un legislatore morale. Ogni cittadino è partecipe di una rivoluzione che non è più solo tecnologica, ma antropologica. Perché il futuro non è ciò che l’IA farà di noi. È ciò che noi sceglieremo di fare con lei.