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Casa di Produzione cinematografica in Abruzzo verso una nuova tendenza dell'intelligenza artificiale

“Lo scopriremo solo vivendo…” cantava Lucio Battisti nella celebre “Con il nastro rosa”. Ma oggi, cosa avrebbe davvero pensato di questo nuovo mondo artistico che ci si para davanti? Un mondo che corre veloce, sempre più proiettato verso una crisi profonda, soprattutto nel cinema – violentato da TV, smartphone, machine learning, social network e intelligenza artificiale


2025-06-15 15:23:08 Visualizzazioni: 462



 

Nel mezzo di questo caos tecnologico c’è il motore più potente del pianeta: Google, il dominium et possessor mundi, padrone di un sistema che sta ridisegnando ogni cosa a sua immagine e somiglianza. E così, in quello che sembra il periodo più buio per la settima arte, si rischia di cancellare un secolo e più di storia. Dal 28 dicembre 1895 – data della prima proiezione dei fratelli Lumière al Salon Indien du Grand Café di Parigi – ad oggi, il cinema ha affrontato guerre, crisi economiche, rivoluzioni tecnologiche. Ma mai come ora ha visto minacciata la propria identità.


In Italia, circa 10.968 imprese operano nel settore cinematografico e audiovisivo, per un giro d’affari che supera i 6,6 miliardi di euro. Ma questo mondo rischia di collassare. E mentre tutto si sgretola, arriva Google Veo 3 – un nuovo strumento capace di generare video in 8K grazie all’intelligenza artificiale. Una promessa: abbattere i costi, rivoluzionare la produzione, democratizzare il cinema. Ma a quale prezzo?


Oggi chiunque può fondare la propria casa di produzione e creare film ad alto livello tecnico usando solo algoritmi. Niente più ottiche ARRI, RED, direttori della fotografia, truccatori, fonici, elettricisti, scenografi. Tutto rimpiazzato da prompt testuali e intelligenze artificiali. Una rivoluzione, sì. Ma anche una vendetta per molti filmmaker con grandi idee ma pochi mezzi. Finalmente, possono esprimersi. Ma a che costo umano e artistico?


Perché in realtà, non vince nessuno. È una corsa cieca, una specie di suicidio collettivo. Le Big Tech vogliono tutto: dalla grafica alla musica, dalla scrittura al cinema. E il futuro che ci dipingono non è altro che un deserto di contenuti generati, standardizzati, senz’anima.


“La domanda sorge spontanea”, direbbe Lubrano: chi saranno le nuove star? Attori creati dall’IA? Robot senz’anima? Io sono cresciuto con Robert De Niro, Al Pacino, DiCaprio. Chi saranno i miti di domani? E soprattutto, esisteranno ancora i miti?


Chi ritirerà gli Oscar? Chi si emozionerà su un palco, chi ringrazierà la madre o il proprio maestro? O tutto sarà ridotto a una notifica sullo schermo? Il cambiamento è inevitabile, ma sembra procedere in una sola direzione: quella di chi vuole controllare, non di chi vuole creare.


È difficile parlare ancora di arte o democrazia quando le piattaforme sono controllate da pochi e dettano le regole del linguaggio, della morale, della narrazione. Un appiattimento totale, un mondo in cui la creatività viene filtrata e sterilizzata.


E forse, la più grande tragedia non sarà la perdita dei posti di lavoro, ma quella delle storie. Perché senza verità, senza dolore, senza umanità… che senso ha raccontare qualcosa?.   C’è una frase di un film che ho sempre molto apprezzato, il protagonista era Charlton Heston:  il pianeta delle scimmie  che forse racchiude il senso a tutto questo:  Anch'io cerco qualcosa... Ma i miei sogni non sono come i tuoi, non posso fare a meno di pensare che da qualche parte nell'universo deve esserci qualcosa migliore dell'uomo! Deve esserci. Ecco dove stiamo andando in un’epoca delle passioni tristi come citava Umberto Galimberti  Senza ideali, senza miti. diventerebbe puramente funzionale: lavorare, mangiare, dormire. I grandi perché – giustizia, bellezza, verità, amore – verrebbero sostituiti da algoritmi di efficienza.