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Come difendersi dagli attacchi Deepfake, chi contattare in caso di assistenza

Prepararsi alle truffe del futuro: difendere reputazione e furto di identità: allarme  deepfake in caso di furo di identità Call 3279105006 Cristian Nardi


2025-06-17 23:14:22 Visualizzazioni: 196



 

Introduzione: la nuova frontiera dei deepfake


 


Nell’era digitale, l’intelligenza artificiale sta rendendo possibile la creazione di contenuti audio e video falsi ma estremamente realistici, noti come deepfake. Inizialmente diffusi come curiosità online (ad esempio per scambiare il volto di un attore in un video), oggi i deepfake includono anche voci artificiali che imitano alla perfezione il timbro e l’intonazione di una persona reale. Questa tecnologia si sta evolvendo a grande velocità: algoritmi avanzati e reti neurali (come le GAN, Generative Adversarial Networks) permettono a chiunque disponga di un comune computer – o addirittura di uno smartphone – di generare video contraffatti e clip audio falsificate con pochi clic. Bastano pochi secondi di registrazione della voce di qualcuno – magari estratti da un video sui social o da un messaggio vocale – per addestrare un modello di AI a parlare con la sua stessa voce. Allo stesso modo, poche foto possono essere sufficienti per creare un video in cui il suo volto dice e fa cose che in realtà non ha mai detto o fatto.


 


Questa democratizzazione dei deepfake significa che le truffe del futuro sono già qui: criminali e malintenzionati possono sfruttare voci e volti sintetici per ingannare, manipolare e danneggiare persone e aziende. I pericoli non sono più fantascienza: dalle truffe telefoniche con voce clonata, fino a video falsi di leader aziendali o personaggi pubblici, la capacità di discernere il vero dal falso diventa sempre più complessa. In questo dossier esamineremo come difendere la reputazione personale e aziendale, prevenire manipolazioni digitali e proteggere la propria identità nell’era dei deepfake. Analizzeremo i rischi principali, porteremo esempi concreti di utilizzi maligni, e forniremo strumenti di verifica, consigli legali e strategie comunicative per fronteggiare eventuali attacchi. L’obiettivo è prepararsi proattivamente a queste minacce emergenti, così da non farsi trovare impreparati di fronte alle truffe “hi-tech” di domani.


 


I principali rischi per reputazione e sicurezza


 


L’avvento di video e audio sintetici altamente realistici pone seri rischi sia per la reputazione che per la sicurezza, su diversi fronti. Ecco i pericoli principali da tenere in considerazione:








  • Truffe vocali e vishing avanzato: Malintenzionati possono utilizzare cloni vocali per ingannare le vittime al telefono. Ad esempio, un truffatore potrebbe chiamare qualcuno utilizzando una voce artificiale identica a quella di un familiare o di un collega, chiedendo denaro urgente o informazioni riservate. Questo tipo di attacco, noto come vishing (voice phishing), diventa estremamente convincente con l’uso dell’IA, perché la voce suona autentica. Immaginiamo la chiamata di un “direttore” che ordina un bonifico immediato, o di un “figlio in difficoltà all’estero” che chiede aiuto economico: la naturale reazione emotiva e la fiducia nella voce familiare possono spingere a comportamenti impulsivi e dannosi.




 





  • Falsi testimonial e false dichiarazioni pubbliche: I deepfake video permettono di creare falsi filmati di personaggi noti (CEO, politici, VIP) mentre pronunciano parole mai dette. Un’azienda concorrente o un attore malevolo potrebbe diffondere un video fake in cui l’amministratore delegato di una società fa annunci disastrosi o commenti scandalosi, facendo crollare la fiducia di clienti e investitori. Allo stesso modo, si possono creare falsi testimonial pubblicitari: ad esempio, il volto e la voce di una celebrità vengono usati senza permesso per promuovere truffe finanziarie o prodotti inesistenti, dando al pubblico l’illusione di un endorsement reale. Questi contenuti ingannevoli, se creduti veri, danneggiano gravemente la reputazione della persona coinvolta e possono trarre in inganno migliaia di consumatori.




 





  • Interviste e apparizioni video manipolate: Un’evoluzione preoccupante è la creazione di finte interviste o discorsi pubblici. Si pensi a un video apparentemente proveniente da un telegiornale, in cui un politico viene “intervistato” e fa affermazioni esplosive, oppure a un messaggio video in cui un dirigente annuncia decisioni aziendali inesistenti. Queste montature, diffuse via social o chat, possono influenzare l’opinione pubblica, alessandro mongiello creare panico finanziario o discredito immediato prima che la vittima possa reagire. In ambito geopolitico esistono già esempi reali: celebri è stato il caso di un falso video in cui il presidente di uno Stato invitava la popolazione ad azioni controproducenti – fortunatamente smentito in poche ore, ma non prima di aver seminato confusione.




 





  • Furto e abuso di identità digitale: I deepfake possono essere utilizzati per impersonare l’identità altrui in modo sofisticato. Oltre ai danni d’immagine, questo comporta rischi di sicurezza informatica. Una voce o un volto falsificato possono ingannare sistemi di riconoscimento biometrico: ad esempio, un audio sintetico potrebbe superare un controllo vocale telefonico della banca, o un volto generato digitalmente potrebbe ingannare un software di riconoscimento facciale. Ciò apre la strada a accessi non autorizzati a conti bancari, sistemi aziendali o dati sensibili, aggirando misure di sicurezza che si basano sulla fiducia nella corrispondenza voce/volto. Inoltre, clonare l’identità di una persona influente permette ai truffatori di manipolare altre persone all’interno di un’organizzazione (il classico “ordine del capo” ma via video/email falsificati) o di ottenere informazioni riservate fingendosi qualcun altro autorizzato.




 





  • Diffamazione e danno d’immagine personale: Sul piano individuale, chiunque – non solo le figure pubbliche – può diventare bersaglio di un deepfake a scopo diffamatorio o di ricatto. Un volto può essere sovrapposto a immagini o video compromettenti (ad esempio pornografia non consensuale, i cosiddetti deepfake porn), con l’intento di umiliare o mettere sotto ricatto la vittima. Tali falsi possono distruggere la reputazione personale, le relazioni e la carriera di una persona comune, creando uno stress psicologico enorme. Anche se smascherati successivamente, lasciano spesso un’ombra di dubbio o stigma difficile da cancellare del tutto, soprattutto nell’ecosistema online dove nulla viene mai completamente rimosso.







In sintesi, i deepfake rappresentano una minaccia poliedrica: truffe finanziarie, manipolazione dell’opinione pubblica, sabotaggio aziendale, furto di identità e diffamazione personale. Il comune denominatore è l’erosione della fiducia: fiducia in ciò che vediamo e sentiamo, fiducia nei canali di comunicazione e perfino tra persone che normalmente si crederebbero a vicenda. Prepararsi a questi rischi significa riconoscerli e adottare misure preventive e difensive efficaci, come vedremo nelle sezioni seguenti.


 


Esempi concreti di utilizzo dannoso dei deepfake


 


Per capire la gravità del fenomeno, consideriamo alcuni esempi reali o plausibili in cui contenuti audio/video sintetici sono stati usati in modo dannoso:








  • La truffa del CEO (voice deepfake): Nel 2019 un’azienda europea ha subito una perdita di oltre 200.000 euro quando un dirigente ha ricevuto una telefonata urgente dal “CEO” che gli chiedeva di effettuare un bonifico immediato. In realtà al telefono non c’era il alessandro mongiello vero amministratore delegato, ma un clone vocale generato dall’IA che ne imitava perfettamente accento e timbro. Convinto di aiutare il suo capo, il dirigente ha disposto il pagamento verso un conto estero controllato dai truffatori. Questo caso, realmente accaduto, è uno dei primi esempi noti di vishing potenziato dai deepfake vocali, e ha dimostrato quanto possano essere efficaci questi inganni anche ai danni di personale qualificato. Da allora, episodi simili si sono moltiplicati a livello internazionale, con richieste illecite ancora più ingenti e sofisticate.




 





  • Il finto parente in pericolo: Uno scenario purtroppo diffuso coinvolge comuni cittadini. Un genitore riceve una chiamata concitata: dall’altro capo, la voce tremante di suo figlio afferma di essere in grave pericolo o vittima di un rapimento, implorando l’invio immediato di denaro per salvarsi. La voce è proprio quella del figlio – stessa inflessione, stesso timbro – e il panico spinge il genitore ad agire senza riflettere. In numerosi casi segnalati, questa situazione si è rivelata una messinscena criminale: i truffatori avevano clonato la voce del giovane da video pubblicati online, simulando ad arte la richiesta disperata. Si tratta di un’evoluzione inquietante delle truffe telefoniche: sfruttando l’amore e la paura di un genitore, i criminali creano un senso di urgenza autentico grazie alla voce artificiale, riuscendo a estorcere migliaia di euro prima che l’inganno venga scoperto.




 





  • Deepfake politico per disinformazione: In ambito politico e sociale, abbiamo assistito a tentativi di utilizzare video deepfake per diffondere fake news o influenzare eventi. Un esempio emblematico è il falso video circolato in cui un presidente di Stato, ricreato digitalmente, annunciava alla popolazione una resa in un conflitto in corso. Nel video manipolato, il leader appariva e parlava in modo convincente, tanto che inizialmente alcune persone hanno creduto all’annuncio shock. Sebbene la falsificazione sia stata smascherata in breve tempo, il video ha dimostrato come i deepfake possano essere sfruttati per seminare confusione politica, minare la fiducia nei media e generare caos durante eventi critici. È facile immaginare varianti di questo scenario: falsi discorsi elettorali, dichiarazioni inventate attribuite a candidati sotto elezioni, o conferenze stampa simulate per manipolare i mercati e l’opinione pubblica.




 





  • Testimonial aziendali fasulli: Diverse aziende e utenti hanno denunciato la comparsa online di pubblicità truffaldine con volti noti creati dall’IA. In queste truffe, si vedono video (o articoli con foto) dove celebrità, imprenditori di successo o esperti finanziari “consigliano” imperdibili investimenti o prodotti miracolosi. In realtà, la persona famosa non ha mai prestato il volto a quella campagna: i truffatori hanno generato un deepfake mescolando frammenti di discorsi reali per far sembrare che quella figura pubblica approvi il loro schema. Migliaia di ignari utenti, fidandosi del testimonial apparentemente legittimo, hanno investito o acquistato, finendo frodati. Queste campagne fraudolente sfruttano sia la credibilità delle persone celebri sia la difficoltà, per l’utente medio, di accorgersi che il video è sintetico. Persino quando le vittime cercano riscontri, possono trovare siti o profili falsi a corredo, costruiti per rendere l’inganno ancora più credibile.




 





  • Video imbarazzanti o ricattatori: Un ultimo esempio, purtroppo sempre più comune, riguarda l’uso malevolo dell’immagine privata. Ci sono stati casi di persone che hanno visto circolare sui social video pornografici o compromettenti con il proprio volto sovrapposto, chiaramente falsi ma sufficienti a ingannare molti spettatori casuali. Alcune vittime hanno ricevuto questi video accompagnati da richieste di denaro per non diffonderli pubblicamente (sextortion). Altre hanno dovuto affrontare conseguenze sociali (derisione, isolamento, sospetti) perché il deepfake lesivo si era diffuso tra colleghi, amici o nel proprio ambiente professionale prima che potessero fermarlo. Questi esempi evidenziano come i deepfake possano essere strumenti potentissimi di diffamazione e cyberbullismo, capaci di danneggiare irreparabilmente la dignità e la serenità di una persona.







Questi scenari – alcuni documentati dalla cronaca, altri ricostruiti dai trend tecnologici – mostrano quanto concreto e immediato sia il pericolo. Non stiamo parlando di ipotesi remote: la tecnologia deepfake è già stata usata per frodi milionarie, per manipolare persone comuni e per attacchi mediatici. E man mano che diventa più accessibile, possiamo aspettarci tentativi sempre più numerosi e sofisticati. Ciò sottolinea l’urgenza di attrezzarsi in anticipo con difese sia tecniche che culturali: conoscere queste tattiche è il primo passo per sventarle.


 


Strumenti e metodi per verificare l’autenticità dei contenuti


 


Di fronte a un audio o video sospetto – magari sorprendente o allarmante – è fondamentale verificarne l’autenticità prima di crederci o, peggio, di condividerlo. Fortunatamente, accanto alle sfide tecnologiche, stanno nascendo anche contromisure. Ecco una panoramica di strumenti e metodi per smascherare i deepfake:








  • Osservazione attenta e controlli incrociati: Spesso alcuni dettagli tradiscono i falsi. In un video manipolato, si possono notare imperfezioni nei movimenti delle labbra rispetto alla voce, espressioni facciali leggermente innaturali, sfarfallii nelle transizioni o un sguardo “vuoto” e poco realistico. Anche la qualità audio può offrire indizi: transizioni innaturali nel tono, intonazione leggermente meccanica o rumori di fondo incoerenti rispetto alla scena. Se il contenuto presenta dichiarazioni sensazionali, incrociare la notizia con fonti ufficiali o testate affidabili: ad esempio, un video di un politico che prende una posizione estrema dovrebbe trovare riscontro su siti di news accreditati; se compare solo su social sconosciuti, è lecito dubitare. Un altro metodo basilare è verificare data e contesto: un video che afferma di essere “appena uscito” ma mostra ambientazioni vecchie o incoerenti con l’agenda pubblica del personaggio è sospetto.




 





  • Utilizzo di strumenti software di rilevamento: La ricerca tecnologica si muove per combattere i deepfake con altri algoritmi di AI. Esistono oggi tool specializzati che analizzano file audio e video alla ricerca di anomalie impercettibili all’occhio umano. Alcuni di questi strumenti sono resi disponibili anche al pubblico: ad esempio, ci sono estensioni per browser in grado di analizzare la traccia audio di un video online e segnalare se la voce potrebbe essere generata artificialmente. Allo stesso modo, piattaforme come Microsoft, Adobe e diverse startup tecnologiche hanno sviluppato programmi di deepfake detection che possono essere utilizzati da giornalisti, aziende o utenti esperti per verificare contenuti dubbi. Questi sistemi sfruttano il fatto che i media sintetici, per quanto realistici, spesso presentano pattern digitali o incoerenze statistiche (nei pixel dell’immagine o nelle frequenze audio) che un algoritmo addestrato può riconoscere. È importante però sottolineare che è una corsa agli armamenti: man mano che i deepfake migliorano, anche i detector devono evolvere, e nessun tool è infallibile al 100%. Pertanto, gli strumenti automatici vanno usati come supporto, ma sempre insieme al giudizio umano.




 





  • Controllo delle fonti e meta-dati: Un altro metodo pratico consiste nel verificare la provenienza del contenuto. Se riceviamo via WhatsApp un presunto audio di un parente che chiede soldi, la cosa migliore è interrompere la comunicazione e richiamare quel parente sul suo numero autentico per capire se fosse davvero lui. Analogamente, se sul web circola un video controverso, proviamo a rintracciare chi lo ha pubblicato per primo: un account anonimo o recente è indice di poca affidabilità. Possiamo utilizzare la ricerca inversa delle immagini (con strumenti come Google Immagini o TinEye) per vedere se il fotogramma chiave di un video compare altrove online, magari in un contesto differente (segno che il video è stato manipolato o fuori contesto). Inoltre, per i video digitali, a volte l’analisi dei metadati (data di creazione, dispositivo usato, software di editing) può rivelare incongruenze: ad esempio, un file che sostiene di essere una ripresa amatoriale ma porta tag di un software noto di animazione CGI. Sebbene i truffatori più esperti possano ripulire questi dettagli, spesso i deepfake condivisi frettolosamente mantengono tracce rivelatrici.




 





  • Certificazione e watermark digitali: Sul fronte dell’autenticità, si stanno affermando sistemi di certificazione alla fonte: alcune piattaforme e aziende stanno iniziando a “firmare” i propri contenuti ufficiali. Per esempio, un grande quotidiano potrebbe allegare ai suoi video un certificato digitale o un watermark invisibile che ne garantisca la provenienza; allo stesso modo, un creator potrebbe pubblicare foto e clip con filigrane digitali inserite dall’IA stessa (marcatori crittografici che non alterano il contenuto visivamente, ma che possono essere letti da apposite applicazioni). In futuro, grazie anche a normative in arrivo, potremmo vedere più spesso indicatori di “media autenticato” o al contrario etichette automatiche che segnalano “contenuto generato da AI”. Già oggi, l’Unione Europea con l’AI Act e alcune aziende tecnologiche incoraggiano l’uso di queste etichette. Come utente, conviene quindi prestare attenzione a eventuali avvisi forniti dalla piattaforma: ad esempio, Twitter/X, Facebook e altre hanno politiche per cui contrassegnano materiale multimediale alterato o sospetto, soprattutto se di natura politica. Se un contenuto è accompagnato da un disclaimer del genere, va preso con molta cautela e ulteriori verifiche.




 





  • Consultare esperti o strumenti avanzati: Nel caso di dubbi su un contenuto particolarmente critico (ad esempio un video che potrebbe causare danni reputazionali enormi alla nostra azienda), è consigliabile coinvolgere specialisti. Esistono società di cybersecurity e laboratori forensi digitali in grado di analizzare professionalmente un file audio/video e dare un responso sulla sua autenticità. Questo può essere fatto con tecniche avanzate, come l’analisi frame-by-frame per identificare difetti di renderizzazione, o l’estrazione di fingerprint (impronte uniche) del segnale audio da confrontare con registrazioni sicuramente genuine. Sebbene possa sembrare un approccio eccessivo, per minacce serie potrebbe fare la differenza avere una perizia tecnica in mano. Dal lato pratico, anche app di uso comune iniziano a integrare funzioni di aiuto: per esempio, app di telefonia e filtri antispam che avvisano se la chiamata in arrivo sembra provenire da un numero falsificato o se durante la chiamata rilevano anomalie vocali tipiche di registrazioni. Tenere aggiornati questi strumenti e usarli estensivamente aggiunge un ulteriore livello di protezione.







In sintesi, verificare sempre prima di fidarsi è la regola d’oro. Nell’era dei deepfake non basta più “vedere per credere” – occorre allenare uno spirito critico digitale. Combinando buon senso, attenzione ai dettagli e l’uso di nuovi strumenti di detection, possiamo notevolmente ridurre il rischio di cadere vittima di contenuti artefatti. La tecnologia ci mette in difficoltà, ma paradossalmente ci offre anche gli strumenti per difenderci: sta a noi conoscerli e metterli in pratica quando serve.


 


Consigli legali e pratici per proteggersi dai falsi audio/video


 


Oltre agli accorgimenti tecnici e comportamentali, è importante strutturare una difesa legale e preventiva contro l’uso illecito della propria voce o immagine. Ecco alcuni consigli pratici e azioni che cittadini e aziende possono intraprendere per tutelarsi in anticipo:








  • Tutela della propria voce come “marchio” personale: Così come un logo o uno slogan possono essere registrati e protetti, anche la voce e l’immagine di una persona rientrano tra i beni intangibili difesi dalla legge. In molti ordinamenti – Italia compresa – l’uso non autorizzato dell’immagine altrui è vietato (art. 10 Codice Civile) e la voce, essendo un dato biometrico identificativo, gode di tutela nell’ambito della privacy e dei diritti della personalità. Per i personaggi pubblici o figure aziendali di spicco, vale la pena consultare legali specializzati per valutare misure come la registrazione della propria voce come marchio sonoro (qualora sia distintiva) o almeno il deposito di alcune frasi caratteristiche. Ciò non impedirà tecnicamente ai malintenzionati di creare un deepfake, ma può fornire basi più solide per agire legalmente in caso di abusi, configurando violazioni di trademark oltre che di immagine. Più in generale, è importante avere ben chiari i propri diritti: ad esempio, la voce di un attore/doppiatore è protetta da diritti contrattuali e d’autore, e infatti in alcuni contratti recenti (come quello nazionale dei doppiatori in Italia) sono state inserite clausole che vietano l’uso di AI per replicare una voce senza consenso. Questa sensibilità si sta allargando ad altri settori.




 





  • Watermarking e firme digitali sui contenuti ufficiali: Le aziende – ma anche i professionisti che producono regolarmente contenuti – dovrebbero iniziare ad adottare watermark digitali e firme crittografiche sui propri video, audio e immagini. Inserire una filigrana invisibile nei contenuti originali (ad esempio nei video istituzionali, nei discorsi ufficiali, nei webinar aziendali) permette in seguito di dimostrare l’autenticità di quel materiale. Se qualcuno modificasse o ricombinasse quei filmati per creare un deepfake, il watermark andrebbe perso o alterato, rendendo più facile provare che il video virale non proviene dalla fonte ufficiale. Alcune soluzioni prevedono anche hash crittografici: calcolare un’impronta univoca del file originale e pubblicarla su una blockchain o su un registro pubblico; se circola un video sospetto, si può confrontare il suo hash con quello depositato – se non combacia, significa che il contenuto è stato manipolato. Implementare queste tecnologie richiede collaborazione con esperti IT, ma i costi stanno diminuendo e i benefici in termini di protezione del brand possono essere considerevoli nel medio termine.




 





  • Clausole contrattuali e accordi sull’uso dell’immagine/voce: Un aspetto legale cruciale, specialmente per figure di rilievo, è regolare contrattualmente l’uso della propria immagine e voce. Ad esempio, un dirigente che partecipa come keynote speaker a conferenze potrebbe inserire nei contratti con gli organizzatori clausole che vietano la registrazione e la diffusione non autorizzata dei suoi interventi, o che ne limitano l’uso solo a fini documentativi interni. Artisti, influencer e testimonial dovrebbero prevedere nei contratti pubblicitari il divieto di alterare digitalmente le loro foto/video senza permesso. Nello stesso modo, un’azienda che ingaggia attori per spot o doppiatori per assistenti vocali dovrebbe assicurarsi di ottenere consensi espliciti sull’AI: ad esempio, specificare se la loro voce potrà essere usata per sintetizzazioni future oppure no. Queste precauzioni legali creano un deterrente (chi viola può essere citato per danni) e fanno sì che, se spunta online un contenuto fake, sia più immediato dimostrarne la non autenticità appellandosi a violazioni contrattuali.




 





  • Notifiche preventive e coordinamento con le piattaforme online: Le grandi piattaforme web – social network, siti di video-sharing, motori di ricerca – sono in prima linea nella diffusione (volontaria o meno) dei deepfake. Per questo, è utile adottare un approccio di collaborazione preventiva. Un’azienda o personaggio pubblico può contattare i team di trust & safety delle principali piattaforme preannunciando la propria identità digitale: ad esempio, ottenere il badge verificato sugli account ufficiali (così qualsiasi video o audio proveniente da fonti non verificate risulta già più sospetto), oppure iscriversi ai programmi specifici offerti da alcune aziende per personaggi a rischio impersonificazione. Alcune piattaforme permettono di caricare preventivamente contenuti originali in database di riferimento: se viene caricato un video molto simile, scatta un alert per verifica (è un meccanismo usato per il copyright e per contrastare il terrorismo, che potrebbe estendersi ai deepfake). In mancanza di questi programmi, è comunque fondamentale sapere come segnalare velocemente un abuso: tenere a portata di mano i link alle pagine di segnalazione contenuti falsi/diffamatori di ogni social, e magari aver nominato in azienda un referente incaricato di contattare direttamente i provider in casi di emergenza. Sporgere una notifica di violazione tempestiva può fare la differenza tra un video fake rimosso in poche ore, o lasciato in rete a moltiplicarsi per giorni.




 





  • Assicurazioni e riserve finanziarie anti-deepfake: Per le aziende in particolare, considerare strumenti come le polizze assicurative cyber che coprono anche danni da falsi digitali e attacchi reputazionali. Il mercato assicurativo si sta adattando: alcune polizze ora includono esplicitamente eventi come la diffusione di un deepfake a scopo di estorsione o diffamazione, coprendo i costi di gestione della crisi, spese legali e persino eventuali riscatti pagati. Valutare una copertura ad hoc può far parte di una strategia di mitigazione del rischio più ampia. Allo stesso modo, predisporre un fondo emergenze reputazionali in bilancio, da attivare subito per campagne di risposta o supporto legale, è un approccio prudente.




 





  • Conoscere la legge e agire in fretta: Infine, sul piano pratico-legale, è bene ricordare che in Italia non esiste (ancora) una “legge deepfake” specifica, ma esistono strumenti giuridici tradizionali applicabili caso per caso: la diffamazione (anche a mezzo stampa/Internet), la sostituzione di persona, la violazione della privacy, l’accesso abusivo a sistemi (se il deepfake serve a penetrare un account) e così via. Se ci si scopre vittime di un contenuto falso lesivo, consultare immediatamente un avvocato per valutare denunce o ricorsi d’urgenza (inibitorie alla diffusione, richieste di rimozione ai sensi del GDPR per trattamento illecito di dati biometrici, ecc.). Agire legalmente non solo apre la via a possibili risarcimenti, ma ha anche un effetto comunicativo importante: dimostra a pubblico e stakeholder che la vittima prende con la massima serietà l’accaduto e che quel contenuto è illegittimo oltre che falso. In parallelo, segnalare il fatto al Garante Privacy o ad altre autorità competenti può aiutare a mettere sotto investigazione i fornitori di strumenti abusati (ci sono già stati interventi del Garante su app di clonazione vocale sospette). Insomma, prevenire è meglio che curare, ma se il danno avviene, bisogna utilizzare ogni mezzo legale disponibile per limitarlo e sanzionarlo.







Strategie comunicative per limitare i danni reputazionali


 


Quando nonostante tutte le precauzioni si finisce nel mirino di un attacco deepfake, la gestione della comunicazione di crisi diventa cruciale per limitare i danni. La velocità e l’efficacia con cui si reagisce pubblicamente possono fare la differenza tra un piccolo inciampo reputazionale e una catastrofe duratura. Ecco alcune strategie comunicative da mettere in atto in caso di attacco:








  • Riconoscere e smentire immediatamente il falso: Appena si viene a conoscenza di un audio o video fake lesivo, è fondamentale non restare in silenzio. Preparare e diffondere il prima possibile un comunicato ufficiale (sul sito web, sui social verificati, alla stampa) in cui si informa che quel contenuto è falsificato e non proviene dalla persona/azienda in questione. La smentita deve essere chiara, diretta e ferma, senza giri di parole. È utile descrivere sinteticamente il fake (“Circola un video in cui sembrerei dire X, si tratta di un falso digitale generato con intelligenza artificiale”) così che il pubblico capisca esattamente a cosa ci si riferisce. Prima questa informazione arriva a clienti, partner, elettori o pubblico generale, minore sarà l’impatto dello shock e della confusione generata dal deepfake.




 





  • Mostrare prove a proprio favore: Una semplice smentita potrebbe non convincere tutti, quindi è ottimale corroborare la propria versione con evidenze. A seconda dei casi, le prove possono assumere forme diverse. Se il deepfake mostra ad esempio un dirigente in un luogo o momento preciso a dire certe cose, e quella persona ha un alibi (era altrove, con testimoni, o in diretta su un altro evento), va comunicato: “Il video è falso, il nostro CEO a quell’ora era in una riunione con clienti, come dimostrato dal registro ingressi/da foto pubblicate in tempo reale”. Se disponibile, un’analisi tecnica forense del file fake che evidenzia tracce di manipolazione può essere condivisa pubblicamente o con i media, per dare sostanza scientifica alla smentita. Anche mettere a confronto il contenuto fake con uno autentico può aiutare: ad esempio, diffondere un video messaggio autentico in cui la persona parla realmente della questione, dimostrando le differenze di tono ed espressione rispetto al falso (senza magari entrare troppo nei dettagli tecnici, ma enfatizzando la vera personalità e posizione del soggetto).




 





  • Controllare la narrazione sui media: In situazioni del genere, è probabile che giornalisti e blogger inizino subito a parlare dell’episodio. È importante prendere contatti diretti con i principali organi di stampa che stanno coprendo la vicenda, fornendo loro la versione ufficiale dei fatti e mettendoli in guardia sulla falsità del materiale. Spesso le testate serie aggiorneranno i loro articoli citando la smentita ufficiale e magari rimuovendo o sfumando il contenuto del fake. Offrirsi per un’intervista o una dichiarazione diretta può ribaltare l’attenzione: dall’evento scandaloso in sé, al tema più ampio della manipolazione e della vittima di disinformazione (voi). Questo può suscitare anche una certa empatia nell’opinione pubblica, una volta chiarito che si tratta di un attacco ingiusto. Nel comunicare con la stampa e sui social, mantenere un tono professionale e trasparente è essenziale: niente panico o aggressività, ma neppure minimizzare. Bisogna condannare il falso con decisione, mostrando al contempo fiducia nella possibilità di risolvere il malinteso.




 





  • Attivare il protocollo di crisi sui social e nelle community: Oggi la conversazione attorno a un contenuto esplode soprattutto online. È utile predisporre in anticipo – e attuare immediatamente – un protocollo social: ad esempio, fissare in alto sui propri profili ufficiali un post con la smentita e le informazioni corrette, in modo che chiunque visiti la pagina trovi subito la verità. Monitorare attivamente le menzioni e i commenti: laddove possibile, intervenire con risposte ufficiali che linkano alla spiegazione del fake. Se il contenuto circola in gruppi o forum particolari (es. WhatsApp, Reddit, community di settore), valutare di far inserire nel gruppo una voce autorevole (un portavoce, un moderatore fidato) che condivida il chiarimento. In parallelo, segnalare formalmente il video/audio fake alle piattaforme dove sta girando, richiedendone la rimozione per violazione delle linee guida (tutte le maggiori piattaforme proibiscono infatti contenuti deepfake dannosi o usi illegali dell’immagine altrui). Ogni minuto conta: bloccare la diffusione nelle prime ore può evitare che il fake venga ripreso all’infinito.




 





  • Mostrare vicinanza e rassicurare i propri stakeholder: Che si tratti di un’azienda con clienti, di un politico con elettori o di un privato cittadino con la propria cerchia sociale, un attacco del genere genera preoccupazione e domande. È doveroso rassicurare attivamente i propri stakeholder. Un’azienda, ad esempio, dovrebbe inviare comunicazioni ai clienti e partner spiegando l’accaduto: “Siamo stati vittima di un sofisticato attacco mediatico, i messaggi diffusi non rispecchiano la realtà. Stiamo lavorando con le autorità per proteggere i nostri interlocutori e il buon nome della società.”. Allo stesso tempo, internamente, parlare con i dipendenti per chiarire e togliere dall’imbarazzo (fornendo istruzioni su come rispondere se vengono interpellati sull’argomento). Mostrare che si ha la situazione sotto controllo aiuta a contenere i danni reputazionali: le persone tendono a dimenticare prima un incidente, se vedono che l’interessato lo ha gestito con competenza e onestà. In caso di figure pubbliche, un’apparizione video reale successiva – ad esempio una diretta streaming o un evento – può riconnettere col pubblico e dimostrare “dal vivo” l’autenticità, magari cogliendo l’occasione per sensibilizzare tutti sul pericolo dei deepfake.




 





  • Imparare dall’attacco per il futuro: Una volta superata l’emergenza immediata, è utile trasformare l’evento in una lezione costruttiva. Nelle comunicazioni successive, si può sottolineare come questo episodio abbia evidenziato un problema più grande, e che si intende adottare misure ancora più forti per prevenirlo in futuro (elencando magari alcune delle soluzioni tecniche/legali discusse prima, se non erano già in atto). Questo non solo rafforza la fiducia dei vostri interlocutori dimostrando proattività, ma colloca l’accaduto in una cornice narrativa dove voi siete la parte lesa che reagisce per il bene comune, invece che il semplice bersaglio passivo. Infine, condividere la propria esperienza (per quanto dolorosa) in contesti pubblici – conferenze, webinar, interviste – può contribuire ad aumentare la consapevolezza generale sul fenomeno deepfake e a creare pressione per soluzioni normative e tecnologiche più robuste, il che a lungo termine riduce i rischi per tutti.







Linee guida operative per cittadini, aziende e uffici stampa


 


In conclusione, presentiamo una serie di linee guida pratiche suddivise per destinatario, in modo che ognuno – dal cittadino comune, al dirigente aziendale, fino al responsabile di un ufficio stampa – possa disporre di un vademecum di riferimento per difendersi dai deepfake e dalle truffe connesse.


 


Per i cittadini (individui comuni)








  • Sviluppare scetticismo digitale: Allenarsi a non credere immediatamente a ciò che si riceve via social, email o telefono. Se un messaggio audio o video suscita forti emozioni (paura, entusiasmo, indignazione), prendersi sempre un momento per riflettere se possa essere un falso. La prudenza è la prima difesa.




 





  • Verificare tramite canali ufficiali: In caso di comunicazioni inattese – la banca che chiama per dati, un amico che chiede soldi via messaggio vocale, un video di una notizia shock – cercare conferme su canali ufficiali. Richiamare la persona a un numero noto, consultare il sito ufficiale dell’ente coinvolto, o parlare di persona se possibile.




 





  • Non diffondere contenuti non verificati: Ognuno di noi ha la responsabilità di non alimentare la diffusione di possibili deepfake. Evitare di condividere video “sensazionali” solo perché virali: se non provengono da fonti credibili, meglio astenersi o almeno segnalarli come dubbi.




 





  • Proteggere la propria identità digitale: Pur con i limiti del caso, fare attenzione a quante informazioni vocali e visive di sé si lasciano pubbliche. Ad esempio, evitare di pubblicare sui social troppe clip in cui si parla a lungo guardando in camera (una fonte perfetta per clonare voce e volto). Mantenere stretti i settaggi della privacy per foto e video personali. Inoltre, attenzione ai dati vocali biometrici: se un servizio offre di usare la voce come password, assicurarsi che sia affidabile e magari preferire forme di autenticazione multifattoriale (non solo la voce).




 





  • Stabilire parole in codice e procedure in famiglia: Vista la crescita delle truffe con voce di familiari, concordare in famiglia una “parola sicura” o una domanda di controllo per le emergenze. Se qualcuno chiama sostenendo di essere vostro parente in difficoltà, ponete una domanda di cui solo il vero interessato sa la risposta, oppure chiedete la parola in codice. I truffatori con deepfake ovviamente non la conosceranno e cadranno in contraddizione.




 





  • Segnalare e denunciare: Se si sospetta di essere vittima di un deepfake (ad esempio si trova un video falso con la propria immagine, o si riceve una telefonata sospetta), è importante segnalare subito l’accaduto alla Polizia Postale o alle autorità competenti. Denunciare non solo può aiutare a rintracciare i responsabili, ma consente alle forze dell’ordine di mappare il fenomeno e avvisare altre potenziali vittime.







Per le aziende e i professionisti








  • Formazione interna e simulazioni: Introdurre sessioni di formazione sulla sicurezza che includano specificamente il tema dei deepfake. I dipendenti (di tutti i livelli, dai quadri agli addetti operativi) devono conoscere queste nuove truffe. Organizzare simulazioni di phishing/vishing avanzato per testare le procedure: ad esempio, inviare finti messaggi vocali interni con istruzioni insolite e verificare se vengono segnalati. Imparare dagli errori in un ambiente controllato rafforza la capacità di riconoscere attacchi reali.




 





  • Procedure di verifica per transazioni sensibili: Implementare rigidi protocolli di conferma per operazioni critiche. Ad esempio, nessun trasferimento di denaro sopra una certa soglia dovrebbe avvenire solo su richiesta vocale o via email non certificata, anche se sembra provenire dal CEO. Prevedere sempre un secondo fattore di verifica: una chiamata di controprova tramite centralino ufficiale, un codice di conferma, l’autorizzazione di due persone. Questo semplice accorgimento può sventare le CEO fraud.




 





  • Monitoraggio attivo del brand: Usare strumenti di monitoraggio del web e dei