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Smart City Torino: Mobilità, Energia, Dati e Sostenibilità nella Capitale dell’Innovazione

Camminando per le vie di Torino oggi, respiro un'aria di innovazione che qualche anno fa era solo un sogno. Ho visto la mia città trasformarsi sotto i miei occhi in una smart city all'avanguardia, un laboratorio urbano dove tecnologia e qualità della vita si intrecciano.


2025-06-20 08:20:27 Visualizzazioni: 266



 

Non è fantascienza, ma realtà quotidiana di Torino, frutto di una visione che negli ultimi anni ha guidato progetti di trasformazione urbana e digitale. Recentemente la nostra città ha ottenuto un prestigioso riconoscimento europeo per l'innovazione, e mi ha spinto a riflettere sul percorso che ci ha portato fin qui. Da torinese e professionista del settore, ho avuto il privilegio di vivere in prima persona questo cambiamento, fatto di infrastrutture intelligenti, mobilità sostenibile, transizione energetica, governance digitale e una partecipazione civica senza precedenti.


 


Sotto i nostri piedi corrono chilometri di fibra ottica, sopra di noi lampioni “smart” regolano la luce, e tutto intorno una costellazione di sensori raccoglie dati su traffico, qualità dell'aria, parcheggi e molto altro. Questa rete tecnologica invisibile è la spina dorsale della Torino intelligente: la città ha investito presto in infrastrutture digitali, creando le fondamenta dei servizi innovativi di oggi. Ricordo quando installarono le prime centraline meteo e ambientali nei quartieri; all'epoca pareva un dettaglio tecnico per addetti ai lavori, in realtà era l'inizio di una rivoluzione silenziosa. Oggi quei dati in tempo reale alimentano sistemi smart: se arriva un temporale improvviso, i sottopassi critici vengono chiusi in anticipo per sicurezza; se le centraline segnalano smog oltre i limiti, scattano automaticamente le limitazioni al traffico. Le infrastrutture intelligenti di Torino non sono fatte per stupire, ma per far funzionare meglio la città e prendersi cura degli abitanti.


Gran parte di questa trasformazione la percepisco ogni mattina quando mi sposto. Apro un'app sul telefono, sviluppata nell'ambito del progetto MaaS (Mobility as a Service) cittadino, e in pochi secondi pianifico il mio tragitto integrando metropolitana, tram, bici condivisa e magari un breve tratto in auto in sharing. Con un unico abbonamento digitale posso prendere una bicicletta pubblica vicino casa, lasciarla alla stazione metro, saltare sul treno urbano e poi usare un monopattino per l'ultimo chilometro. Qualche anno fa, per fare tutto questo, mi sarebbero serviti tre abbonamenti diversi e molta pazienza; oggi invece è realtà grazie alla piattaforma ToMove. Io stesso ho partecipato come beta tester entusiasta a questa iniziativa: l'idea di avere tutti i mezzi in un’unica app sembrava utopica, e invece eccola qui. Dietro questa semplicità c'è un enorme lavoro di coordinamento fra Comune, aziende di trasporto come GTT e partner tecnologici come 5T (che gestisce il centro di controllo della mobilità). Il risultato è tangibile: meno tempo perso ad aspettare, più alternative sostenibili sempre disponibili e un sistema di trasporti costruito attorno alle esigenze delle persone.


Torino è stata pioniera anche nella mobilità elettrica e condivisa. Era il 2016 quando venne inaugurato BlueTorino, il primo car sharing 100% elettrico d'Italia. Ricordo l'emozione futuristica di guidare una piccola Bluecar silenziosa tra i viali alberati, cercando la colonnina dove lasciarla in carica. Quell’esperimento ha aperto la strada: oggi quelle colonnine di ricarica sono diventate la base per una nuova generazione di veicoli condivisi, come le flotte di Fiat 500 elettriche del servizio successore. Nel frattempo il Comune ha disseminato Torino di punti di ricarica, e la transizione verso l'elettrico coinvolge anche il trasporto pubblico: GTT sta convertendo progressivamente i bus, e prendere un autobus elettrico su per le colline, senza il rumore e il fumo di un motore diesel, è un piacere che non avrei immaginato anni fa. Parallelamente è esploso l'uso di bici pubbliche, e-bike e monopattini: muoversi in modo sostenibile è diventato parte della normalità urbana. Ci sono voluti nuovi parcheggi per biciclette, regole per i monopattini e un po' di educazione stradale per far convivere tutti questi mezzi, ma oggi fa parte del paesaggio vedere studenti andare a scuola in monopattino elettrico o impiegati in giacca e cravatta pedalare in sella a una bici a pedalata assistita attraverso il centro.


L’innovazione più sorprendente in ambito mobilità l'ho toccata con mano nel 2022, quando mi sono seduto a bordo di una navetta senza conducente. Sembrava fantascienza: nessuno al volante, eppure il piccolo shuttle avanzava da solo nel traffico della “Città della Salute”, la zona degli ospedali. Un operatore era a bordo solo per sicurezza, ma le sue mani non hanno mai toccato il volante. Ho provato un misto di adrenalina e meraviglia mentre il veicolo si fermava autonomamente alle strisce pedonali per far passare i pedoni, comunicava con i semafori (che diventavano verdi al suo arrivo) e dialogava con il centro di controllo per conoscere in anticipo eventuali rallentamenti lungo il percorso. Torino è stata la prima città in Italia ad autorizzare test di guida autonoma su strade pubbliche urbane, predisponendo un circuito “smart road” attrezzato con sensori e connessioni V2X per permettere ai prototipi di dialogare con l'ambiente circostante. Essere parte di uno di quei test è stato come affacciarsi sul futuro. Ho avuto anche l'opportunità di contribuire a un progetto pilota chiamato “Green Light Optimal Speed Advisory”: in pratica, l'auto riceveva consigli sulla velocità da tenere per trovare sempre verde ai semafori successivi. Vedere la mia macchina sincronizzarsi con la rete semaforica cittadina mi ha dato la misura di quanto “intelligente” possa diventare la mobilità: meno frenate, meno ingorghi e meno emissioni inutili. Ciò che stiamo sperimentando oggi, con Torino come laboratorio a cielo aperto, getterà le basi per un traffico più sicuro e scorrevole domani.


Un altro campo in cui Torino è all'avanguardia è la transizione energetica. Negli inverni di qualche decennio fa era normale vedere le case sbuffare fumo dai comignoli e sentire odore di caldaie per strada; oggi quella è l'eccezione, grazie a un sistema di teleriscaldamento diventato il più esteso d'Italia e uno dei maggiori in Europa. Ricordo quando nel mio quartiere scavarono per posare le tubature del teleriscaldamento: c'era curiosità e anche qualche timore per quei cantieri imponenti, ma col senno di poi ne valeva la pena. Il teleriscaldamento recupera il calore da centrali cogenerative e impianti industriali per scaldare interi isolati attraverso una rete di tubazioni sotterranee: significa caldaie condominiali spente, meno gas bruciato, meno emissioni. Nelle mattine gelide di gennaio l'aria di Torino è un po' più limpida anche grazie a questo sistema intelligente, e i dati lo confermano con un calo degli inquinanti da riscaldamento domestico. La transizione energetica passa anche dall'efficienza: il Comune ha riqualificato energeticamente decine di edifici pubblici – scuole, uffici – con cappotti termici, serramenti moderni e pannelli solari. Nel mio vecchio liceo è stato installato un impianto fotovoltaico sul tetto; quando ci sono tornato per una visita, gli studenti orgogliosi mi hanno mostrato un display che indica in tempo reale quanta energia pulita viene prodotta e quanta CO2 risparmiata. Ho sorriso nel vedere quella scena: la cultura dell'energia sostenibile qui non è più solo teoria, è parte del quotidiano.


Negli ultimi anni ho visto nascere anche progetti dal basso per produrre e condividere energia rinnovabile. Si tratta delle Comunità Energetiche Rinnovabili, su cui Torino sta puntando molto. Nel quartiere Mirafiori, ad esempio, è partita una comunità energetica solidale promossa da associazioni locali e supportata dalla utility Iren: famiglie, piccole imprese e istituzioni del rione hanno installato pannelli fotovoltaici sui tetti e condividono l'energia prodotta in surplus. Questo modello rende i cittadini non solo consumatori ma produttori attivi di energia, creando anche un senso di comunità attorno alla sostenibilità. Mi ha impressionato l'entusiasmo con cui persone di ogni età discutevano di inverter e batterie di accumulo come fossero argomenti quotidiani, segno che la transizione ecologica sta mettendo radici. In parallelo la città sperimenta reti elettriche smart capaci di bilanciare domanda e offerta in tempo reale. Ho visitato un centro di controllo dove sui monitor si vedeva la mappa di Torino con i flussi energetici quartiere per quartiere: i tecnici spiegavano come l'intelligenza artificiale analizza questi dati per prevenire sovraccarichi, deviando l'energia dove serve o attivando batterie di accumulo. Anche l'illuminazione pubblica è diventata intelligente: migliaia di lampioni LED telecontrollati regolano l'intensità in base all'orario e alla presenza di persone, segnalando guasti in automatico. La città è più luminosa e sicura quando serve, ma consuma molto meno di un tempo. Sono esempi di come digitalizzazione e sostenibilità viaggino insieme.


La rivoluzione smart si avverte anche nel rapporto quotidiano tra cittadini e pubblica amministrazione. Ho vissuto il passaggio dalla burocrazia tradizionale alle pratiche digitali, e oggi posso ottenere un certificato o pagare una tassa senza muovermi da casa grazie al portale online del Comune (Torino Facile) e all'identità digitale SPID. Ricordo la prima volta che provai a richiedere un documento via web: ero scettico, invece in pochi minuti ricevetti via email ciò che mi serviva. Non tutto è avvenuto dall’oggi al domani: inizialmente i servizi online erano pochi e spesso bisognava comunque passare dallo sportello fisico. Ma col tempo il Comune ha accelerato, e durante la pandemia questa infrastruttura digitale è stata una salvezza: con gli uffici chiusi, migliaia di pratiche e richieste sono state gestite da remoto. Io stesso in quel periodo ho rinnovato la tessera dei trasporti e richiesto permessi ZTL comodamente dal divano, a conferma che la comodità della burocrazia digitale è entrata nelle nostre abitudini.


Dietro a questi servizi c'è stata una grande riorganizzazione interna. Ho parlato con dipendenti comunali che hanno dovuto ripensare procedure, migrare archivi e imparare nuovi strumenti: non è bastato “mettere moduli online”, si è trattato di innovare la macchina amministrativa. Oggi ne vediamo i frutti in efficienza e trasparenza. Con pochi click posso seguire l'avanzamento di una pratica o segnalare un problema nel mio quartiere, con la certezza che la mia segnalazione arrivi all'ufficio giusto. Torino ha abbracciato la filosofia open data, pubblicando una grande quantità di informazioni liberamente accessibili. Ho partecipato a un hackathon in cui, usando dati aperti su traffico e ambiente, il mio team progettò una mappa intelligente per individuare dove piantare nuovi alberi in città. Non vincemmo, ma quell'esperienza mi fece capire la potenza della trasparenza: quando i dati circolano liberamente, tanti cittadini competenti possono dare il loro contributo creativo.


Anche la partecipazione civica ha trovato nuova linfa grazie al digitale. Recentemente ho preso parte a un bilancio partecipativo nella mia Circoscrizione (il livello amministrativo di quartiere): attraverso una piattaforma online ho proposto idee per migliorare la zona e votato i progetti suggeriti dagli altri residenti. Discussioni e votazioni si sono svolte in buona parte via web, rendendo più facile coinvolgere anche chi di solito resta ai margini. Sapere che come cittadino ho uno strumento in più per farmi ascoltare è incoraggiante. Il Comune ha attivato anche un portale di segnalazioni: se c'è un lampione guasto o una buca pericolosa posso inviare una foto geolocalizzata, e vedo pubblicamente lo stato della mia richiesta. Da quando esiste, certi problemi si risolvono più in fretta, segno che la tracciabilità spinge a intervenire prima. Inoltre piattaforme come Torino Social Impact uniscono innovatori, imprese sociali e istituzioni per co-progettare soluzioni a impatto sociale, coinvolgendo i cittadini. Ho visto progetti nati in questo contesto usare la realtà virtuale per far immaginare ai residenti la trasformazione di un’area urbana e raccogliere i loro feedback: un esempio di come partecipazione e tecnologia possano andare a braccetto.


Torino è all'avanguardia anche nello sviluppo di un proprio digital twin, un gemello digitale della città. Il Comune, insieme al Politecnico, ha creato un modello virtuale 3D di Torino ottenuto da migliaia di foto aeree e scansioni laser. Ho avuto l'opportunità di vederlo in azione: su un grande schermo, la città virtuale riproduceva fedelmente edifici, strade e alberi. I tecnici potevano simulare interventi urbanistici e valutarne l'impatto prima di realizzarli sul serio. Per esempio, ho visto aggiungere digitalmente una pista ciclabile su una via e osservare come avrebbe influenzato traffico e spazi verdi, oppure calcolare quali tetti ricevono più sole durante l'anno per individuare dove conviene installare pannelli solari. Uno strumento del genere permette di pianificare in modo più informato e di comunicare meglio i progetti ai cittadini. Pensare che fino a pochi anni fa si decideva con mappe cartacee, mentre ora abbiamo modelli digitali così precisi, fa capire quanta strada abbiamo fatto. Non a caso altre città guardano a Torino come esempio in questo campo.


Dietro ogni aspetto della smart city torinese ci sono tecnologie emergenti che fino a poco tempo fa erano solo sigle oscure: AI, IoT, blockchain, cloud... La sfida è usarle in modo utile e quasi invisibile. L'intelligenza artificiale, per esempio, regola i semafori adattandoli ai flussi di traffico e aiuta a monitorare le infrastrutture. In un progetto a cui ho collaborato, telecamere e algoritmi di visione artificiale analizzavano lo stato di ponti e viadotti, individuando crepe o anomalie e segnalando subito l'intervento necessario. Questi cervelli digitali lavorano silenziosamente per prevenire guasti e aumentare la sicurezza, un aiuto prezioso spesso impercettibile dall'esterno.


L'Internet of Things è un altro pilastro: a Torino i dispositivi connessi sono entrati nei cassonetti (che avvisano quando sono pieni), nei parcheggi (sensori sotto l'asfalto indicano via app i posti liberi, evitando giri a vuoto), nelle panchine smart con Wi-Fi e ricarica USB nei parchi, e nei lampioni che monitorano qualità dell'aria e rumore. La città sta acquisendo un sesto senso digitale che raccoglie informazioni dal territorio e le trasforma in servizi utili. Merito anche della diffusione del 5G, di cui Torino è stata apripista in Italia: oggi molte applicazioni IoT viaggiano su reti a banda ultralarga, con tempi di risposta immediati che permettono ai dati di fluire istantaneamente dal sensore alla centrale. Questi dati finiscono su piattaforme cloud dove vengono analizzati e trasformati in decisioni operative, con una potenza di calcolo impensabile fino a pochi anni fa ma oggi al servizio della città.


Ho visto con i miei occhi le possibilità offerte dal 5G in scenari futuristici. In ambito sanitario, ad esempio, ho assistito a una dimostrazione in cui un medico sul territorio, grazie al 5G, trasmetteva in diretta parametri vitali e video di un paziente all'ospedale mentre l'ambulanza era ancora in viaggio, facendo guadagnare minuti preziosi ai colleghi. Un'altra volta ho visto un veicolo elettrico guidato a distanza tramite 5G da un operatore in un centro di controllo: la latenza bassissima gli permetteva di sterzare in tempo reale come se fosse a bordo. Esperimenti che sembrano fantascienza, ma a Torino sono già realtà in laboratorio, e aprono la porta a applicazioni che un domani potranno diventare quotidiane.


Anche la blockchain sta trovando applicazione, pur in modo meno visibile. Alla Casa delle Tecnologie Emergenti ho partecipato a un workshop su come usarla per certificare documenti pubblici e transazioni amministrative: l'idea è apporre un sigillo digitale inviolabile su certificati, atti o dati sensibili, così da garantirne autenticità e trasparenza. Siamo ancora agli inizi, ma è significativo vedere funzionari comunali e sviluppatori discutere di blockchain non per moda, ma per come potrebbe semplificare la vita amministrativa.


Tutta questa innovazione non avverrebbe senza un ecosistema unito. Le università di Torino, le fondazioni bancarie, il Comune, le aziende e le startup locali collaborano costantemente. Mi è capitato di sedere a tavoli dove professori, ingegneri, funzionari e imprenditori pianificavano fianco a fianco nuovi progetti: questa capacità di fare squadra è forse la chiave più importante del successo torinese. La tecnologia non rimane chiusa nei laboratori, ma arriva nelle strade perché c'è un'intera comunità che la sostiene, la sperimenta e la integra nella vita quotidiana.


Una città non diventa smart da un giorno all'altro, e il processo è in continua evoluzione. Non tutti i quartieri beneficiano allo stesso modo delle innovazioni, e c'è ancora da lavorare per colmare il divario digitale: penso agli anziani che faticano con le nuove app o a chi non può permettersi dispositivi aggiornati. Dobbiamo assicurarci che l'innovazione sia inclusiva e accessibile a tutti, altrimenti perderebbe il suo senso più profondo. Eppure, guardando quanta strada abbiamo fatto, sono ottimista. Torino ha tracciato una rotta chiara verso la sostenibilità: si parla di neutralità carbonica nei prossimi decenni, di quartieri a energia quasi zero, di portare la guida autonoma dalla sperimentazione alla realtà quotidiana appena possibile. Può sembrare futuristico, ma passeggiando in certe zone riqualificate – come l'ex area dei mercati generali, ora campus dell'innovazione – immagino come potrebbe essere Torino tra vent'anni: tetti verdi e pannelli solari ovunque, veicoli elettrici (magari autonomi) che scorrono ordinati, dati aperti che alimentano applicazioni civiche utili, cittadini sempre più coinvolti nella cura dei beni comuni. Una città ancora più vivibile, efficiente e inclusiva, dove la tecnologia non crea distanze ma opportunità.


Ciò che rende veramente intelligente Torino, in fin dei conti, sono le persone. Sono i torinesi che hanno saputo adattarsi, imparare e anche guidare il cambiamento. Penso agli studenti che sviluppano app innovative, al conducente di bus che oggi guida un mezzo elettrico avanzato, al funzionario comunale che ha visto il proprio lavoro trasformarsi e si è rimesso in gioco per imparare nuovi strumenti. Penso ai miei coetanei che, invece di partire altrove, hanno scommesso su Torino, avviando qui startup tecnologiche o iniziative culturali perché sentono l'energia che circola in città. Questo spirito collettivo è la vera innovazione: la smart city non è un traguardo, ma un percorso condiviso in cui istituzioni e cittadini crescono insieme.


Mentre scrivo, mi rendo conto che ogni esempio citato – dal semaforo intelligente alla comunità energetica, dall'app di quartiere alla navetta autonoma – l'ho vissuto di persona, come utente o come addetto ai lavori. Torino non è perfetta e non lo sarà mai, ma la direzione è quella giusta. Continuerò a raccontare e, per quanto possibile, a contribuire a questa storia di trasformazione urbana e digitale. Perché è anche la mia storia, la storia di tutti noi che abitiamo qui. Sono convinto che quanto seminato a Torino potrà ispirare altre città, creando un futuro migliore non solo sotto la Mole ma ovunque si abbia il coraggio di innovare mettendo al centro le persone.


 


Cristian Nardi