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L’impatto reputazionale dell’intelligenza artificiale nei video: il caso Veo 3 su YouTube Shorts

L’annuncio dell’integrazione di Veo 3, l’avanzatissimo motore di generazione video basato su intelligenza artificiale, all’interno di YouTube Shorts, ha riacceso con forza il dibattito sul ruolo che le tecnologie generative avranno nella costruzione – e nella distruzione – della reputazione personale e collettiva. L’intervento del CEO di YouTube, Neal Mohan, al Cannes Lions 2025, non è stato solo un lancio tecnologico: è stato un chiaro segnale di svolta nel rapporto tra identità digitale, creatività, e fiducia.


2025-06-21 09:23:06 Visualizzazioni: 139



 

di Cristian Nardi, esperto in reputazione digitale


Sì, perché mentre l’intelligenza artificiale promette di democratizzare la produzione video, mettendola potenzialmente nelle mani di tutti, essa apre anche scenari critici che toccano direttamente il cuore della reputazione online: autenticità, consenso, e controllo dell’immagine.


Democratizzazione o distorsione della reputazione?


Con Veo 3, chiunque potrà generare video nitidi, realistici e narrativamente potenti partendo da un semplice prompt testuale. In apparenza, una rivoluzione positiva. Ma per chi si occupa di reputazione come me, questa novità rappresenta un terreno sdrucciolevole: più accessibilità può significare più abusi, più contenuti generati senza verifica, e soprattutto più possibilità di manipolare l’identità altrui.


Il rischio più evidente? I deepfake. Non stiamo parlando di un futuro distopico: già oggi è possibile generare contenuti video con volti, gesti e voci indistinguibili da quelli di personaggi reali. Con Veo 3, tutto ciò sarà a disposizione di milioni di utenti in pochi secondi. Questo mette in seria discussione la reputazione di politici, attori, manager, ma anche di cittadini comuni.


La risposta di Google: registrare la propria identità


Per evitare una deriva incontrollata, YouTube ha avviato una collaborazione con la CAA (Creative Artists Agency), una delle più influenti agenzie di rappresentanza al mondo. L’obiettivo: consentire a personaggi pubblici di registrare il proprio “likeness” – ovvero quell’insieme unico di voce, volto, gestualità e stile – in modo da poter essere protetti dall’uso non autorizzato.


Un passo nella giusta direzione. Ma sul piano reputazionale, è anche un’ammissione di vulnerabilità. Chi non è famoso, chi non ha un ufficio stampa o un agente, come potrà difendere la propria identità da un uso scorretto o malevolo?


La reputazione digitale, una volta compromessa da contenuti IA non autentici, diventa difficile da ricostruire. È come una macchia su un foglio di carta: anche se provi a cancellarla, rimane l’alone.


Creator professionisti vs creatori istantanei: il valore dell’autenticità


C’è poi un tema strategico: cosa succede alla reputazione dei professionisti del video? Quei creator che, negli anni, hanno costruito un’identità forte basata su competenze, stile, coerenza. L’arrivo di Veo 3 rischia di livellare il mercato, premiando la quantità di contenuti generati piuttosto che la qualità.


YouTube Shorts rappresenta già oggi una fonte di reddito rilevante per migliaia di creator. L’introduzione dell’IA potrebbe ridurre le barriere d’ingresso per i nuovi arrivati, ma anche ridurre il valore percepito del lavoro creativo, a discapito della reputazione costruita nel tempo.


Nel mondo della reputazione, la fiducia si costruisce con l’autenticità. Ma se tutti possono creare video perfetti in pochi clic, senza competenze reali, come si distingue il vero dal falso? Come si attribuisce credibilità a un volto, una voce, una storia?


Conclusione: la reputazione nell’era di Veo 3


In questo scenario, la reputazione diventa l’unico vero capitale competitivo. La differenza non la farà chi sa usare meglio l’IA, ma chi saprà comunicare fiducia, autenticità e trasparenza in un mare di contenuti generati.


YouTube sta puntando tutto sulla velocità, sulla semplicità e sull’accessibilità. Ma il pubblico – sempre più consapevole – potrebbe iniziare a valorizzare di più ciò che è imperfetto ma autentico, ciò che è reale perché imperfettamente umano.


Come esperto di reputazione, il mio consiglio è chiaro: non basta saper usare l’AI, bisogna saperla governare. E per farlo, serve costruire una presenza digitale solida, consapevole, tracciabile. In poche parole: serve una reputazione progettata con intelligenza, ma soprattutto con etica.


Cristian Nardi
Esperto in reputazione, identità digitale e tutela dell’immagine online
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